The dark side of... the bitcoin!

Come già detto nella pagine precedenti, a differenza delle classiche monete, il Bitcoin non viene emesso o regolamentato. 

Essendo quindi virtuale e non regolamentata questa criptovaluta offre un modo conveniente per effettuare operazioni, anche internazionali, senza costi di cambio ed in modo totalmente anonimo.

Ogni utente può possedere più wallet ed ogni wallet, inoltre, è in grado di generare infiniti indirizzi quindi può diventare impossibile, anche rilsando l'intera catena, conoscere la quantità di bitcoin posseduta da uno specifico utente.
Esistono inoltre dei servizi di "laundry", ovvero di "lavanderia", per far perdere ancora di più le proprie traccie.

Questo lo rende molto "appetitoso" per chi ha intenzione di fare affari poco leciti! 
Il fatto che il Bitcoin possa essere utilizzato in forma anonima per effettuare transazioni di qualunque calibro, ovunque e in qualsiasi momento in tutto il mondo, lo rende infatti il mezzo perfetto per malviventi e/o spacciatori in quanto può essere ovviamente utilizzato per comprare e/o vendere merci e servizi illegali come la droga, le armi o addirittura assoldare sicari!

Ovviamente si possono anche comprare beni e servizi di natura legale! :)
Cominciano infatti ad esserci nel mondo negozi che accettano questo tipo di valuta!

La maggior parte dei paesi non si è ancora espresso chiaramente riguardo la legalità dei bitcoin "acconsentendo tacitamente" al loro utilizzo.

 

 

L’ANONIMATO DELLE CRIPTO-VALUTE − I Bitcoin sono una cripto-valuta digitale, le cui transazioni avvengono su una rete che rende possibile e garantisce la sicurezza e l’irreversibilità dell’avvenuto spostamento di valore. La forza e l’innovazione dei Bitcoin risiede nella loro natura decentralizzata: non vi è un’autorità principale, ma il tutto si basa su un sistema di fiducia peer-to-peer. Ogni transazione è pubblicamente diffusa su un registro on-line denominato Blockchain, attraverso il quale è possibile garantire il pagamento, rendendolo noto a tutti. La transazione è confermata dagli altri utenti che operano su tale database diffuso, dove viene pubblicato anche l’importo e l’indirizzo IP dei contraenti. Fin qui tutto limpido e trasparente, più che in ogni altra transazione reale o virtuale. Ma i mezzi dell’odierno cyberspace permettono all’utente di rendere la propria transazione anonima e di nascondere la propria identità digitale, la quale, comunque, non necessariamente coincide con quella reale. Se presi i necessari accorgimenti si possono quindi utilizzare i Bitcoin in anonimato, senza che le proprie transazioni siano vigilate da un’autorità centrale, ma con la garanzia del pagamento e della sua irreversibilità, resa certa dalla crittografia alla base della valuta digitale.

IL DEEP WEB − Una moneta che permette transazioni anonime e sicure non può che attirare l’interesse di chi dei traffici illeciti fa la propria fonte di sostentamento. A questo punto serve solo un mercato altrettanto sicuro e altrettanto anonimo dove effettuare i propri scambi. E il web sembra essere il luogo adatto, più precisamente il deep web. Vi è difatti un lato oscuro di internet che non è indicizzato nei motori di ricerca ed è accessibile tramite software che permettono agli utenti di mascherare il proprio indirizzo IP, la propria posizione e i contenuti richiesti. Praticamente l’esperienza di navigazione è anonima e non rintracciabile da terze parti. Su uno di questi siti è nato uno dei più famosi mercati neri virtuali: Silk Road. Attivo dal 2011 al 2013, su questo anonymous marketplace era possibile acquistare in Bitcoin tutto ciò che vi è di illegale, principalmente droghe. Ma la cosa più interessante è che su Silk Road si potevano comprare anche armi da fuoco, di piccolo e grande calibro, nonché esplosivi e granate. A volte i prodotti venivano spediti, altre volte ci si accordava per il ritiro di persona o veniva segnalato il luogo dove la merce era nascosta, specie nel caso di armamenti. Ad oggi Silk road risulta chiuso dall’FBI, in seguito a un’indagine che ha portato all’arresto del suo fondatore, nonché alla confisca di oltre 3 milioni di dollari in Bitcoin. In seguito alla chiusura del sito, nel deep web è comunque proliferata l’apertura di simili marketplace, non ultima quella di Silk Road 2.0, anch’esso chiuso a fine 2014 dall’FBI.

MERCATO NERO VIRTUALE − Il commercio illegale che si svolge nelle profondità di internet non riguarda solo beni reali, ma anche e altrettanto pericolosamente beni immateriali. Non è un caso che nei forum del deep web ultimamente si parli in russo, o in ucraino, o spesso in arabo. Molti combattenti civili dei recenti conflitti armati internazionali possono trovare sui market on-line anonimi, oltre alle armi, le informazioni necessarie a svolgere la loro lotta armata nel migliore dei modi. Le istruzioni per assemblare missili e ordigni, i tutorial per creare degli esplosivi, il know-how necessario a far saltare in aria un ponte o un convoglio, sono tutti molto richiesti. Dietro pagamento anonimo in cripto-valute un guerrigliero può trovare le istruzioni per usare il sistema di missili anticarro che ha appena trafugato, con tanto di manuale tecnico. In tutti questi casi manca completamente la parte più facilmente intercettabile, ossia quella della tangibilità del bene, permettendo all’intera operazione di restare nell’assoluta anonimità. Altrettanto virtuali, pericolose e allettanti per i malintenzionati sono le armi cibernetiche, acquistabili sui mercati underground della rete. Su tali siti è possibile comprare dei malware da utilizzare per le proprie azioni nefaste, ma anche veri e propri kit per un attacco cibernetico. Non mancano i servizi che propongono l’affitto di server per cyber-attacks in larga scala. Data la vastità della domanda e dell’offerta, non stupisce il fatto che i prezzi siano anche piuttosto modici.

BITCOIN E TERRORISMO INTERNAZIONALE − I Bitcoin, per la loro natura potenzialmente anonima, sono uno strumento utile anche per le reti transnazionali di finanziamento economico ai gruppi terroristici. Come abbiamo avuto modo di vedere attraverso i video diffusi e i numerosi attacchi cibernetici, l’ISIS e i suoi simpatizzanti hanno un buon rapporto con la tecnologia, specie quella informatica. Nella scorsa estate un blog legato allo Stato Islamico ha diffuso un testo in cui veniva spiegato tecnicamente come i Bitcoin e le cripto-valute potessero rivelarsi un mezzo utilissimo per supportare il jihad in maniera anonima e non rintracciabile dai Governi occidentali kafir infedeli). L’ISIS ha basato la sua economia sullo sfruttamento delle risorse dei territori occupati, ma anche sull’utilizzo delle imprese e delle banche di tali zone. Non mancano i finanziamenti esterni, gli introiti dei riscatti e i sistemi di tassazione. La diversificazione è la forza di questo movimento terroristico, che non disdegna quindi le possibilità  di aiuti economici sotto forma di donazioni in Bitcoin.

ANCHE I BITCOIN SOTTO ATTACCO − In un contesto nel quale l’insicurezza la fa da padrona, come lo spazio cibernetico, i Bitcoin loro malgrado sono sia strumenti che vittime di affari illeciti. Difatti, ci sono diversi modi con cui il cybercrime può colpire la cripto-valuta. Se l’algoritmo alla base dei Bitcoin è sicuro, così come lo è il sistema a firma digitale pubblica, non altrettanto si può dire dei servizi dove tali monete digitali vengono custodite dagli utenti: i cosiddetti wallet, letteralmente “portafogli”.  Essi spesso sono oggetto di attacchi informatici il cui obiettivo è il furto di valuta Tale estorsione può rivelarsi altrettanto anonima e irreversibile, come le transazioni in cripto-valuta. Sono inoltre disponibili nei mercati neri del web delle risorse che permettono di sfruttare le capacità di calcolo dei computer di ignari navigatori per supportare la propria − illecita in questi termini − attività di mining, ossia di immissione di Bitcoin nel mercato e di supporto alle transazioni, ripagate con la stessa moneta digitale. In conclusione si può notare come nel cyberspace, specie nei suoi meandri più loschi e meno noti, la mancanza di sicurezza e di regolamentazione possa rendere pericoloso uno strumento innovativo come i Bitcoin, se si è in grado di sfruttare le loro peculiarità e vulnerabilità.

Marco Spada

Un chicco in più

Il Governo degli Stati Uniti si sta adoperando per rendere il deep web un luogo meno oscuro. Un’analisi della Norse, famosa azienda statunitense della cyber-security, spiega come la Darpa − Defense Advanced Research Projects Agency del Dipartimento della Difesa USA − stia orientando le proprie ricerche.

 

Il funzionamento dei Bitcoin è tanto semplice quanto funzionale. Ci si registra al sito, si sceglie un portafoglio da installare, sul computer o smartphone, e si comincia ad inviare o a ricevere moneta virtuale. Il sistema di generazione di Bitcoin non è direttamente controllabile e si basa sul concetto di “mining”, ovvero all'estrazione di moneta virtuale (con il rilascio di 25 Bitcoin per blocco  con la creazione di sei blocchi ogni ora). Ogni utente può estrarre solo un certo numero di Bitcoin e può farlo attraverso software specifici che si appoggiano sulla potenza del calcolo grafico di alcune schede video dedicate e non più sfruttando la CPU del proprio computer (che serviva ad aumentare la potenza della rete Bitcoin che con il tempo si è “potenziata” da sé).

Il secondo metodo per guadagnare moneta e quello di riceverla da altri utenti in possesso della chiave pubblica del destinatario, che è l’indirizzo Bitcoin univoco che il programma crea alla registrazione di un nuovo utente. Ogni scambio di Bitcoin viene inserito nella cosiddetta “blockchain”, ovvero una serie di  transazioni da verificare per far si che non capitano casi di Bitcoin utilizzati più di una volta: la teoria che sposa la pratica è che il portafoglio deve svuotarsi ogni qualvolta la transazione vada a buon fine, senza il rischio che uno stesso Bitcoin venga utilizzato più di una volta.

Ma cosa succede se il software viene raggirato, o peggio, il suo sistema si “rompe” alla fonte?

Secondo un articolo apparso sul sito arXiv , scritto dagli esperti informatici Ittay Eyal ed Emin Gun Sirer, si legge come il sistema Bitcoin potrebbe essere stato compromesso, e con lui tutta la sua rete. In atto ci sarebbe un attacco con cui un gruppo di “minatori” può ottenere ricavi superiori a quelli leciti, "saltando" la fila della blockchain e accaparrandosi più Bitcoin del dovuto. La creazione di questa sorta di lobby permette ai gruppi di porsi come utenti di maggioranza dell’intera rete, permettendoli di controllandone le principali attività. In questo modo si viene a creare quella centralizzazione della moneta che Bitcoin vuole assolutamente evitare. Con il controllo nelle mani di un unico soggetto (o di un gruppo ristretto), si può decidere chi può partecipare all'estrazione di Bitcoin (ordine nella blockchain), attivare determinati flussi di trasferimento fondi ed effettuare transazioni a volontà.

Il problema non è di tipo tecnico ma “etico”: il risultato della collaborazione di persone che cercano di guadagnare più soldi con i loro sforzi di data mining. Secondo i due ricercatori: “La saggezza popolare ha da tempo affermato che il sistema Bitcoin è protetto contro i gruppi di minatori collusi se la maggior parte è onesta. Il nostro lavoro dimostra che questa affermazione è sbagliata. Al momento, qualsiasi gruppo che utilizza questo attacco può riuscire a guadagnare un reddito sopra i limiti. In questo modo viene invalidata la teoria della maggioranza onesta: non c’è più la necessità che i 2/3 dei partecipanti ai nodi (blockchain) siano onesti, basta un numero molto inferiore”.

Le conseguenze di un attacco del genere sono molteplici. Si affaccia all'orizzonte un panorama dove i membri di un pool di estrazione “illegale” guadagnano maggiori entrate rispetto ai partecipanti onesti. Questi ultimi, soprattutto coloro che investono ingenti quantità di tempo e denaro sulla piattaforma, saranno spinti a unirsi ai gruppi criminali, vedendo in essi una maggiore possibilità di guadagno. Una volta avviato il processo, il gruppo di minatori illegali crescerà a dismisura, inglobando gran parte della rete.

La soluzione? Secondo Ittay Eyal ed Emin Gun Sirer è bloccare il valore di ogni singolo gruppo (pool) di utenti al di sotto del 25%  del valore totale dei Bitcoin. Entro questo limite si dovrebbe preservare il regolare flusso di moneta sulla rete Bitcoin ed evitare qualsiasi rischio di eccessiva centralizzazione della moneta. 

Fonti:
http://www.ilcaffegeopolitico.org/26571/il-lato-oscuro-dei-bitcoin
http://www.panorama.it/mytech/internet/bitcoin-guadagno-illecito/